Allora sì, che sarà davvero Natale
Carissimi,
anche quest’anno è Natale. Il Natale torna a ricordarci che Dio si prende cura di noi. Dio ha a cuore la nostra vita e per noi dona la sua vita. Il Natale ci ricorda la grande avventura d’amore in cui Dio ha voluto scommettere: “Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo”. Dio per amore e con amore si prende cura degli uomini. Al contrario, quanta difficoltà abbiamo oggi a prenderci cura di noi stessi e degli altri in modo vero, autentico e liberante! Quanta difficoltà a gestire con amore la vita, il tempo, gli ideali, gli affetti, i sentimenti, le relazioni! Quanta difficoltà a ricercare l’essenziale della vita!
L’annuncio del Natale non è compiuto finché non prendiamo seriamente coscienza della scelta di Dio di avere cura degli uomini.
Davanti e dentro questo contesto desolante della pandemia in atto che ci fa precipitare nello scoramento e nella sfiducia più totale, come cantare la gioia del Natale? Quale Natale celebrare se siamo ancora prigionieri di una logica egocentrica, preoccupati sempre e solo di noi stessi, poco fraterni e indifferenti nei confronti degli altri? Quale Natale vivere se la nostra esistenza è ancora carente di fede, di speranza e di carità? Come seguire l’insegnamento dei nostri padri, che illuminati dalla parola del Vangelo, non hanno ignorato le ragioni profonde della speranza che abitava la loro vita, pur vivendo difficoltà e sofferenze indicibili sia materialmente che spiritualmente? Con pudore, timore e gioia appena appena sussurrata, anche noi oggi, desideriamo provare a intonare il canto del Natale: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli”.
Cantare la Gloria di Dio significa per noi cantare senza fine la sua venuta in mezzo a noi. Una gloria che risplende in tutto il suo fulgore nell’umiltà. È questo straordinario evento che ci fa esultare di autentica e intima gioia per la sorte di tutti gli uomini. Si tratta di una gioia che abbraccia tutti e si dilata fino all’inverosimile poiché non esclude proprio nessuno. Il profeta Isaia, qualche secolo prima della venuta di Cristo nella carne, aveva rivolto al Signore questa bella e accorata invocazione: “Se tu squarciassi i cieli e scendessi!” (Is 63, 19). È una preghiera che riesce ad esprimere eloquentemente quanto il nostro cuore sta vivendo e provando in questo momento storico. Osiamo fare sempre più nostra questa preghiera a Dio! È una supplica schietta che parte da noi come un grido, portando con sé desideri, angosce, speranze, per giungere fino agli estremi confini della Terra, senza dimenticare le diverse periferie, incluse quelle esistenziali. È un grido di aiuto! Perché il Signore Dio venga e intervenga. Ma il Signore, lo sappiamo, è venuto ed è intervenuto; Egli viene ed interviene continuamente; Egli verrà e interverrà. È la nostra fede che ci fa proclamare questo.
In questo anno complesso e triste abbiamo perso i nostri cari, abbiamo rinunciato alle nostre tradizioni più belle (la festa di San Tommaso d’Aquino, il pellegrinaggio a piedi alla Madonna di Canneto), ma non dobbiamo perdere la certezza del mistero del Natale. Augurando a tutti i parrocchiani della Concattedrale di Aquino un Natale di pace e silenzio e un nuovo anno di gratitudine, compassione e gentilezza, invitiamo tutti a non festeggiare il nuovo anno con i fuochi d’artificio ma a esporre un cero bianco acceso per la notte e il giorno di Natale e per la notte e il giorno di Capodanno, ricordando così tutti i defunti a causa del Covid-19.
Nella sua lettera enciclica “Fratelli tutti”, Papa Francesco esorta tutti a recuperare e ad esercitare la virtù umana della gentilezza. Il Natale in questo tempo di emergenza sanitaria e di crisi economica e sociale possa costituire per ciascuno di noi una vera occasione di crescita umana. Gli altri non siano considerati da noi un peso, un ostacolo o peggio ancora un nemico e una minaccia, ma opportunità concreta, fattiva, per diventare sempre più umani. Allora sì, che sarà davvero Natale.
Don Tommaso Del Sorbo
Arciprete Parroco
Don Andrea Pantone
Vicario Parrocchiale